“La riforma della scuola ha fallito”.
Quante volte l'avete sentito dire? Probabilmente in almeno un'occasione siete stati proprio voi a dirlo. O chissà, magari siete anche scesi in piazza tra la folla per urlarlo al mondo intero (piccoli sporchi comunistelli che non siete altro).
Bene. Bravi. Nessun problema. È come la varicella: ci siamo passati tutti.
Ora però, tristi e stanchi dopo l'ennesima inevitabile sconfitta, raccogliamo le ultime misere forze e chiediamoci: a cosa è servito lottare?
A sfogarci dopo una sessione di esami da dimenticare? Certamente sì.
A migliorare di una virgola il sacro mondo dell'istruzione? Certamente no.
Risulta ormai evidente a chiunque abbia un minimo di sale in zucca come riformare la scuola sia (e sia sempre stato) in buona approssimazione semplicemente impossibile. Il "riformone" è oggi archiviabile allo stesso modo della settimana di autogestione del liceo: non cambia nulla, e alla fine non si sa mai chi debba pagare per i cessi rotti.
Vediamo perché.
“La scuola” è un concetto generico, evanescente, contiene troppe variabili. Riformare la scuola è come cercare di rimettere dei vermi in una scatola di vermi dopo che i suddetti vermi l'hanno già scivolosamente abbandonata in massa (Prima legge di Zymurgy sulla dinamica dei sistemi in evoluzione). L'unica via a questo punto, come insegna il vecchio Murphy, sarebbe quella di creare in qualche modo una scuola un po' più grande della precedente dentro cui rinchiudere la scuola riformanda. Ma tutto ciò non farebbe altro che creare una nuova scuola altrettanto imperfetta e solo, per l'appunto, un po' più grande. Riformare la scuola, anno dopo anno, non fa dunque altro che rendere il nostro uno strisciante problema ricorsivo.
Detto ciò, non è certo il caso di arrendersi.
Tutto quello che deve fare il volenteroso legislatore è risalire la corrente: la riforma va fatta a monte.
Come insegna meteorologia (laddove i pochi soldi ancora permettono di insegnarla, naturalmente), una piccola perturbazione dello stato iniziale di un sistema caotico porterà con buona probabilità lo stesso ad evolvere in modo sensibilmente diverso da come avrebbe fatto altrimenti. Ora, quale sistema nell'universo conosciuto può a buon diritto essere definito "caotico" più di quello che racchiude la colorata e festante galassia della scuola? Forse nessuno.
Il modo certo di ottenere il massimo risultato con una spesa minima e nessuno spreco di preziose risorse umane ed economiche non potrà dunque non tenere conto di tale preziosa assonanza: basterà una leggina, un minuscolo cambiamento, un'inezia, un irrisorio Davide al cospetto il gigantesco Golia dell'educazione e la rivoluzione sarà irrevocabilmente innescata.
In linea con quanto esposto fin qui, la mia proposta di riforma ultima e definitiva è la seguente: “Trascorsi giorni 15 (quindici) dall'avvenuta pubblicazione in gazzetta ufficiale del presente comma, il numero 8 (otto) non farà più parte dell'insieme dei numeri naturali”.
E poi si vede come va.
Grazie a Greg per il prezioso spunto.
Perchè ce l'hai con l'otto ?
RispondiEliminaP.S. cos'è un numero naturale ?
Fai un esempio di un numero innaturale : onfici.
Un altro : prue.
Guarda che posso contare fino a mincintasevve, nè ?
Meno male che ne sono uscito.
RispondiElimina(Da poco eh?)
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