mercoledì 27 giugno 2012

Regolatevi

È estate. In migliaia di uffici pubblici sparsi per la penisola diventa d'un tratto palese come l'umanità tutta sia nel complesso indegna della tecnologia che dall'alto di inaccessibili laboratori, eterei scienziati creano per noi e per la nostra salvezza.
È bene dunque che sappiate che dal segreto dei loro studioli, piccoli gruppi di antropologi da qualche tempo osservano noi ed i nostri astrusi comportamenti.

Descriverò qui di seguito, a titolo di esempio, il mistico fenomeno che ogni mattina io e molti altri disperati pubblici riscontriamo recandoci al lavoro. Per fare ciò seguirò la routine antimeridiana dell'impiegato medio Astolfo.

In strada, come anticipato nel preambolo, è senza dubbio estate: il caldo torrido divora ogni energia e annebbia la vista, com'è giusto che sia. Con un ultimo, sovrumano sforzo, Astolfo raggiunge la porta principale del palazzo degli uffici. Tale porta, nel mondo reale ,segnerebbe certamente la fine delle sue calorose sofferenze; qui invece è in realtà soltanto l'inizio della dura prova che porterà l'impiegato a sedersi trionfante davanti al PC, o a perire tentando. La mano, madida di sudore, scivola al primo tentativo, poi stringe di più e la maniglia cede, si abbassa. Ansimando Astolfo tira ogni giorno verso di sé una porta sempre, inevitabilmente, pesantissima. Varca la soglia e giunge l'autunno.

La differenza di temperatura tra interno ed esterno crea all'istante correnti d'aria capaci di smuovere monsoni, sradicare alberi possenti, issare ignare giovinette nei cieli del Kansas. L'arsura esterna, certo, è ora solo uno spiacevole ricordo. Il presente però, a suo modo, non è  affatto da meno. Qui la temperatura è mite, questo è vero, ma i venti che scuotono e trascinano il malcapitato rendono l'ambiente di confine totalmente inadatto alla vita umana. Il povero impiegato arranca. Con enorme sforzo abbraccia l'usciere che, assicurato a spesse funi, lo tira a sé e lo avvia verso l'ufficio.
È giunto il momento di frugare dentro al pesante zaino che ogni mattina gli fa compagnia nell'arduo viaggio verso la postazione. Lo osserviamo estrarre calzamaglia di lana, scarponi, piumino, sciarpa, berretto. Astolfo è pronto per l'inverno

I cumuli di neve fresca ammonticchiati ai lati del corridoio intralciano il cammino. Le lastre di ghiaccio sulle quali scivolano felici famigliole di pinguini di Adelia mettono a dura prova il suo equilibrio (ma le corde assicurate alle pareti sono lì proprio per questo, no?). Superate le rare foche leopardo ed i pochi splendidi esemplari di volpe artica eccola, la si intravede appena oltre il fitto nevischio che da alcuni minuti cade insistente all'altezza della sala riunioni: è la porta dell'ufficio. È aperta (altrimenti l'aria non circola, sostiene il collega). Accanto alla porta c'è quella che ad un occhio poco esperto potrebbe sembrare la salvifica soluzione alle sofferenze di Astolfo. Ma lui lo sa, non è un pivello: quella non è altro che una trappola per gli stolti e per i pochi superstiti tra gli sparuti tesisti. Poco oltre la porta spalancata da quella che ormai è una bufera, dicevo, c'è La Manopola. Scorrendoci sopra il polpastrello, Astolfo sente l'invitante incisione: + <- -> - . Sorride triste. È tutto falso. Gli è costato molto scoprirlo, ma ora sa che è finta: costruendo l'edificio l'hanno piazzata lì per dare ai dipendenti quella gradevole sensazione di controllo sul mondo circostante che tanto conforta l'uomo moderno.
È finta sì, ma non del tutto inutile per l'impresa dell'eroico viaggiatore. Essa è infatti un buon appiglio. Astolfo appoggia le dita sulla rotellina, saggia la sua resistenza: anche oggi sembra reggere. Si spinge avanti, supera con un balzo il cucciolo di narvalo che con il piccolo ma insidioso dente fa capolino dalla boccia dell'acqua. La meta è a pochi centimetri da lui. Astolfo atterra, scivola sul ghiaccio, cade, bestemmia, si rialza, cade ancora (sull'altra chiappa: stare seduto oggi sarà un incubo), bestemmia (la mamma del bersaglio precedente), striscia, si protende dolorante verso il suo personalissimo Graal. Si appende alla maniglia, spalanca la finestra.

Lentamente la neve fonde in graziosi ruscelletti. I piccoli ma insidiosi ghiacciai si ritirano negli angoli più remoti. Mazzetti di fiori di campo si fanno largo tra le piastrelle nuovamente scoperte. I pinguini lasciano il posto alle anatre festanti, le volpi delle nevi ai piccoli orsetti che si svegliano dal tecnologico letargo.
Anche oggi, in ufficio, Astolfo ha riportato la primavera.


Ah, dimenticavo la conclusione a cui sono poi giunti gli antropologi: l'umanità si estinguerà ben prima di aver scoperto come regolare l'aria condizionata.

8 commenti:

  1. Sono la rara volpe artica che, con il mio amico cucciolo narvalo fisso stupito le famiglie di pinguini di Adelia e la rara foca leopardo : cosa ciuppolo ci facciamo nell'antartide ? Forse che, a furia di ruotare insensatamente quella maledetta rotella, i poli si sono non scambiati ma mischiati.
    Fzzzz.

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    1. Carissima volpe artica, credo piuttosto che si tratti di una lenta migrazione multispecie da entrambi i poli verso le mezze latitudini. Certo, loro hanno fatto un po' più di strada, ma le rigide temperature dell'ufficio valevano certamente lo sforzo!
      Cordiali saluti.
      Astolfo.

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    2. Ah... mi pareva.
      Fzzz fzzzz

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  2. Dillo alla mia pleurite...

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    1. Egr. meancactus, con la presente La informo che Lei non ha maturato l'anzianità sufficiente per potersi ammalare. Cordiali saluti.

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  3. Presto ci estingueremo davvero per questo. E il processo è iniziato stamani, quando mi sono svegliato col mal d'orecchi!

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    1. Ale, non ti arrendere! Dobbiamo continuare a lottare (almeno così ci si scalda un po').

      (Ah, benvenuto! :) )

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    2. Grazie :) Comunque stamattina il mal d'orecchie era ancora più forte. Ioccampi!

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